Casi Clinici
- Home
- Metodo e servizi
- Casi Clinici
Caso n.1 Radicolopatia
Nell’aprile 2008 una donna di 48 anni, insegnante, giunge alla mia osservazione lamentando una lombosciatalgia sinistra con dolore sordo, tensivo ed a tratti urente, localizzato a fascia in zona lombare bilateralmente e sulla parte antero-laterale della coscia e del 1/3 della gamba sinistra (lungo il territorio di distribuzione L5). Il dolore era insorto acutamente ed in modo improvviso dopo aver mantenuto per un lungo periodo, 6 ore, una postura in posizione seduta con la gamba sinistra flessa sotto il gluteo ed il tronco in rotazione destra. Da quel momento il dolore è presente in modo continuo, si accompagna ad una rigidità mattutina di breve durata (10-30 minuti), intenso (VAS medio 6,2) ma non invalidante, con una intensità che è maggiore al mattino, si attenua lungo la giornata per peggiorare nel pomeriggio e la sera. Il sonno è disturbato da continui risvegli per le esacerbazioni dolorose provocate dai cambiamenti di posizione. La postura seduta ed i passaggi di posizione (seduta-àin piedi e viceversa) così come il freddo accentuano la sintomatologia. La deambulazione la migliora. Il dolore non si attenua con il clinostatismo od il riposo, non è aggravato dall’ortostatismo ma dalle attività fisiche che comportano soprattutto una rotazione del tronco. Lamenta impotenza funzionale che si estrinseca con limitazione dei movimenti della colonna vertebrale. In particolare è problematica la flessione con difficoltà ad eseguire specifiche azioni, come mettere o togliere le scarpe. Non accusa né parestesie né disestesia né astenia agli arti inferiori, ma una sensazione di costrizione e pesantezza alla colonna lombare. La paziente riferisce un episodio febbrile, durato pochi giorni, e diarrea nel mese precedente. La signora è una mia paziente di antica data con una lunga storia di dolore lombare. Iniziata nel 1991, anno in cui una TC lombosacrale, eseguita in seguito ad una lombosciatalgia bilaterale, evidenziò una ”protrusione discale L4-L5 ed un’ernia mediana paramediana sinistra, a livello L5-S1”. Numerose TC e RMN, eseguite successivamente hanno sempre confermato il quadro, seppure, nel tempo, con lievi segni di miglioramento. Tutte le crisi algiche sono state controllate, con remissione sintomatologica, in fase acuta con mesoterapia antalgica a base di FANS e miorilassanti, in fase stabilizzata con sedute fisioterapiche e chiropratiche di decompressione spinale. L’ultimo episodio è stato nel dicembre 1995. Da quella data la paziente riferisce di aver goduto di un periodo di relativo benessere fino al quadro attuale. Quadro clinico in cui, al di là della condizione dolorosa, non è presente altro. L’esame senologico, cui si è sottoposta 3 mesi fa, con controllo ecografico è risultato negativo per patologia degenerativa. Una visita ginecologica, effettuata 2 mesi prima, ha escluso la presenza di qualsiasi patologia in atto all’apparato genitale. Non presenta disturbi urinari di alcun genere. Le ultime analisi di laboratorio mettono in evidenza un ipercolesterolemia ed un’ipertrigliceridemia, tenute sotto controllo don dieta alimentare e cicli di simvastatina 20 mg/die.
Il padre è deceduto nel 1995 per IMA. La madre, vivente, cardiopatica ed ipertesa, è stata affetta da neoplasia mammaria. Seconda di 2 figli, ha un fratello in apparenti condizioni di buona salute.
Nulla di rilevante nella patologica remota (1 intervento di appendicectomia a 24 anni).
All’esame obiettivo la paziente, alta 170 cm per 52 Kg di peso, presenta un evidente stato di contrattura della muscolatura lombare con scomparsa della fisiologica lordosi. La pelvi ha un decalage dx di 1,3 cm, il cingolo scapolare ha un’inclinazione sinistra. Presenta dismetria degli arti inferiori con l’arto destro > del sinistro di 0,7 cm. Entrambi i piedi hanno la morfologia a “piede greco”. La capacità della colonna vertebrale ad eseguire i suoi quattro tipici movimenti è difficoltosa ma possibile. La flessione attiva del tronco a paziente in piedi evoca dolore ai gradi estremi e se forzata. La rotazione sul proprio asse è limitata così come l’inclinazione laterale destra. La deambulazione in equinismo e talismo è possibile senza sintomatologia, con difficoltà all’inizio dell’esecuzione. Alla palpazione il m. quadrato dei lombi si presenta contratto e dolente ai margini esterni. La palpazione del legamento ileo-lombare (alla spina iliaca postero-superiore e tratto prossimale della cresta iliaca) è asintomatica. La digitopressione dei processi spinosi evidenzia una spiccata dolorabilità a livello L5-S1 con riacutizzazione della sintomatologia. Il test di Valleix lungo il decorso del n. sciatico elicita dolorabilità locale. Il test per la fibromialgia così come del m. piriforme è negativo. L’esame dell’addome mette in evidenza delle note di colonpatia funzionale. Quello della pelvi è negativo.
All’esame neurologico si evidenzia iperalgesia sulla faccia antero-laterale della coscia sinistra. Non altre alterazioni della sensibilità. Muscolatura degli arti inferiori tonica e trofica ad eccezione del gluteo medio sinistro (abduzione dell’anca) che risulta ipovalido. ROT: rotuleo normoelicitabile, achilleo assente bilateralmente. Lo SLR (Straight leg raise) è negativo. La manovra di Lasègue omolaterale è positiva sui 70 gradi. Il Lasègue controlaterale è negativo. Test di Neri I positivo; test di Milgram impossibile (per sintomatologia algica). Test di Neri II negativo. Assente il segno di Dandy (flessione dorsale dell’alluce contro resistenza).
Anche in considerazione dei trascorsi patologici, viene posta la diagnosi di lombosciatalgia ricorrente da ernia discale L5-S1 in fase acuta iperalgica. In quest’ottica le ho prescritto Naprossene sodico mg 550 ogni 12 ore per 7-10 giorni ed un integratore a base di vitamine del gruppo B ed acido a-lipoico. Provvedendo, nel frattempo, ad eseguire sedute di mesoterapia ambulatoriale con tiocolchicoside 4 mg e Procaina cloridrato 2% nei punti tender ed ad inviare la paziente ad un programma di fisioterapia. Dopo 10 giorni e 3 sedute di mesoterapia antalgica, permanendo sostanzialmente invariata la sintomatologia e con la paziente sempre più insofferente che, a seguito di una riacutizzazione algica durante il trattamento aveva interrotto le sedute di fisioterapia, ho sostituito il Naprossene con un’associazione di Tramadolo cloridrato mg 37,5 e Paracetamolo mg 325 1 cpr ogni 12 ore con incrementi di 1 cpr fino a sollievo dal dolore per un massimo di 2 cpr 4 volte al dì. In più ho aggiunto Pregabalin in titrazione lenta (raggiungimento del dosaggio di 75 mg x 2 / die in 15 giorni). In considerazione della componente irritativa (dolore urente) veniva somministrato anche Celecoxib 200 mg x 2 / die. Ho sostituito, infine, la mesoterapia con la Scrambler therapy (2 cicli di 5 sedute intervallate da una settimana free). Dopo 4 settimane di trattamento, con la manifestazione di effetti secondari (sonnolenza diurna, forte nausea) e la sintomatologia che evidenziava un non soddisfacente controllo (il dolore era più sopportabile ma sempre relativamente intenso: VAS medio 4,2) ed a circa 7 settimane dall’esordio, ho prescritto una RMN lombo-sacrale che evidenziava un referto sovrapponibile ai precedenti ed uno studio elettromiografico da cui risultavano “lievi segni di interessamento neurogeno su L5 a sinistra”.
In assenza delle indicazioni per un trattamento chirurgico (sindrome della cauda equina, progressivo deficit neurologico, dolore severo ed invalidante per più di 4-6 settimane) ho proceduto ad una rivalutazione del caso. Ho provveduto quindi a riclassificare i segni e sintomi distinguendoli in radicolopatici e non radicolopatici.
Radicolopatici: storia di dolore lombare, territorio di distribuzione L5, riacutizzazione nei passaggi posturali, TC e RMN, iperalgesia sulla faccia antero-laterale della coscia sinistra, test di Neri I positivo, il test di Milgram impossibile;
Non radicolopatici: insorgenza del dolore, caratteristiche del dolore, rigidità mattutina di breve durata, né parestesie né disestesia né astenia agli arti, la flessione attiva del tronco a paziente in piedi evoca dolore ai gradi estremi e se forzata, la deambulazione in equinismo e talismo è possibile senza sintomatologia, la digitopressione dei processi spinosi evidenzia una spiccata dolorabilità a livello L5-S1 con riacutizzazione della sintomatologia, il test di Valleix negativo, lo SLR negativo, la manovra di Lasègue omolaterale è positiva sui 70 gradi, test di Neri II negativo, assente il degno di Dandy.
In considerazione del quadro globale e della risposta terapeutica mi appariva ragionevole sospettare una origine meccanica alla base della sintomatologia. Ho sottoposto, quindi, la paziente ad un nuovo controllo, avendo ben presente che proprio la presenza di erniazioni discali testimonia l’esistenza di una patologia degenerativa del rachide lombare e di conseguenza di un’insufficienza funzionale dell’unità motoria vertebrale, e che la lesione di un qualunque componente dell’unità funzione può portare a compromissione funzionale dell’intero sistema. Mi sono soffermato, allora, sulla palpazione del tratto lombare, tornando a sollecitare, mediante digitopressione, i processi spinosi e gli spazi interposti e riottenendo, alla sollecitazione di L5-S1, una viva risposta algica e la riproposizione del dolore della paziente. Alla luce anche degli altri segni e sintomi non radicolopatici ho posto la diagnosi di legamentite inter-sovraspinosa L5-S1. Ho provveduto, quindi, ad una infiltrazione mesoterapica in loco di 2 cc di Betametasone, ottenendo un’immediata sensazione di benessere e la completa remissione sintomatologica nei giorni seguenti. La paziente è stata, infine, inviata ad un programma di riabilitazione fisioterapica, che, a cicli, ancora prosegue.
Caso n.2
Nel settembre 2001, giunge nel nostro ambulatorio una donna di 75 anni che riferisce lombalgia ed irradiazione del dolore lungo gli arti inferiori da diversi anni. Riferisce, inoltre, dolore urente (VAS 5) lungo la regione anteriore della coscia sia destra che sinistra, dove è più accentuato, con crisi parossistiche di dolore incidente alla deambulazione a scossa elettrica e sensazioni di pesantezza e parestesie degli arti inferiori. Da 2 anni la paziente accusa episodi di emicrania con aura accompagnati da foto-fonofobia e disturbi del campo visivo, tipo fosfeni. A questi episodi si aggiunge una sindrome vertiginosa. La paziente ha eseguito RM cervicale che ha evidenziato protrusione discale C4-C5, C5-C6, una RM encefalo che ha rilevato una encefalopatia multilacunare ed una RM lombosacrale che ha evidenziato, tra l’altro, stenosi serrata del canale vertebrale a livello dello spazio intersomatico L3-L4 ed L4-L5 e bulging discale sinistro agli stessi livelli. All’esame neurologico evidenzia uno slivellamento alla prova di Mingazzini degli arti superiori, dei ROT vivaci e un riflesso plantare in flessione bilateralmente.
Ci troviamo di fronte, quindi, ad una paziente affetta da cefalea mista in encefalopatia multilacunare e da radicolopatia L5 bilaterale in stenosi del canale vertebrale lombare. E’ stato, allora, impostato un piano farmacologico comprendente: Gabapentin in titrazione lenta (raggiungimento del dosaggio di 300 mg x 3/die in 9 gg), in associazione con una rescue dose, da assumere al bisogno per fronteggiare le crisi parossistiche di dolore agli arti inferiori, composta da Paracetamolo (500 mg) e Tramadolo al 10% (20 gtt). Al controllo, eseguito nell’ottobre 2001, la paziente riferiva riduzione del dolore continuo (VAS 3.5) delle crisi parossistiche e delle disestesie a carico degli arti inferiori. Si è ritenuto utile aumentare il Gabapentin a 400 mg x 3/die. La situazione, nei successivi controlli, è andata progressivamente migliorando, con la riduzione ulteriore del dolore basale che si presenta, al momento, in modo discontinuo e, comunque, con un’intensità molto lieve (VAS=1-2). Ha rare crisi di dolore parossistico.